L’impatto ambientale dei motori a combustione interna

I motori a combustione interna, sebbene abbiano rivoluzionato la mobilità nel XX secolo, rappresentano oggi una delle principali fonti di inquinamento atmosferico. Alimentati da benzina o diesel, questi motori emettono nell’aria sostanze nocive come anidride carbonica (CO₂), ossidi di azoto (NOₓ), monossido di carbonio (CO) e particolato (PM10).

L’emissione di CO₂, in particolare, è strettamente collegata ai cambiamenti climatici, poiché contribuisce all’effetto serra. I veicoli a motore termico sono responsabili di una percentuale significativa delle emissioni totali in molte città. Questo impatto si traduce anche in problemi di salute pubblica, con l’aumento di malattie respiratorie e cardiovascolari.

Negli ultimi anni, sono stati introdotti numerosi standard europei (come Euro 4, 5 e 6) per limitare le emissioni inquinanti, ma la soluzione più efficace rimane la transizione verso alternative più pulite. Le auto elettriche e ibride, ad esempio, rappresentano una valida opzione per ridurre l’inquinamento urbano.

Oltre ai gas di scarico, anche la produzione di carburanti fossili comporta impatti ambientali gravi, come fuoriuscite di petrolio, deforestazione e consumo eccessivo di risorse idriche. Non meno importante è il problema della dipendenza energetica da paesi produttori di petrolio, con implicazioni geopolitiche.

Per affrontare questi problemi, le città stanno introducendo zone a traffico limitato, pedaggi ambientali, e incentivi per la mobilità sostenibile. Ma la vera sfida è culturale: cambiare le abitudini di milioni di persone verso uno stile di vita più responsabile.

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